Sabato 24 ottobre 2015 si è concluso il
sinodo sulla famiglia. L’anno scorso, nel 2014, i
rappresentanti del continente africano si erano lamentati di non essere stati
in grado di fare sentire la voce africana. Questa volta, le impressioni sono
positive. Il sinodo è finito con la soddisfazione di tutti i partecipanti nello
spirito universale della Chiesa. L’Africa è stata presente e ha contribuito al
cammino comune dei pardi sinodali.
Preparazione
all’appuntamento del 4 ottobre.
Al fine di dare un
contributo consistente alle sfide sulla famiglia, teologi e vescovi africani si
sono riuniti dal 14 al 17 giugno 2014 a Cotonou in Benin, nel
Symposium delle Conferenze Episcopali dell’Africa e di Madagascar (SCEAM). Si
sono attivamente impegnati a preparare un documento importante per i
cinquantuno vescovi chiamati a partecipare al sinodo. Questo documento
sistematico, prodotto da otto esperti, fornisce chiarimenti sulla situazione
della famiglia in Africa secondo il piano dei Lineamenta. Per loro, viene spesso proposto un cristianesimo “occidentale”, anche se anche se la
situazione culturale africana è diversa. Le conclusioni e le proposte del testo
cercano di risolvere questa contraddizione.
“L’Africa, nuova patria del Cristo”, un
nuovo libro.
Riflettendo sempre sulla famiglia, undici vescovi africani
hanno pubblicato un libro, “L’Africa, nuova
patria del Cristo“, che sarà tradotto in 3 lingue: francese, inglese e portoghese. Fra
gli autori, ci sono due cardinali, il senegalese Théodore-Adrien Sarr,
arcivescovo emerito di Dakar e il guineano Cardinale Robert Sarah, l’attuale prefetto della Congregazione
vaticana del Culto divino. Quest’ultimo è molto critico sull’approccio
dell’indissolubilità e la difesa della convivenza come una via di uscita. La vera sfida, quindi, è quella di “rendere
percepibile l’insegnamento della Chiesa, mantenendo intatto il nucleo della dottrina”. Ricordiamo che il suo ultimo libro “Dio o Niente” è già tradotto
in dieci lingue e fa ancora eco.
Il Sinodo famiglia in cammino. Durante lo svolgimento del sinodo, il cardinale Turkson della Nigeria ha osservato che il progetto di relazione finale è un tentativo di mettere insieme i diversi punti di vista dei Padri sinodali. Ha spiegato che il Sinodo non ha visto blocchi, ma diverse prospettive che venivano dai pastori provenienti da cinque continenti. Queste innovazioni non indicano la formazione di blocchi contrapposti ma un invito a una grande apertura per tutte le situazioni. Il presidente della Conferenze episcopale del Burundi, Mgr Gervais, da parte sua, affermerà alla fine del sinodo che «quello che era deludente l’anno scorso, era un certo pessimismo che percorreva tutto il testo presentato come se tutte le famiglie non fossero più in grado di vivere i loro impegni, mentre in Africa e nelle altre chiese, le famiglie tengono grazie alla loro fede».
Alla conclusione del sinodo. La relazione finale è stata approvata globalmente da tutti i Padri. E stata vista come una grande vittoria sia del Pontefice sia dei partecipanti. L’Africa ha condiviso la sua umanità sostanziale, la sua fede come contributo alle sfide della famiglia oggi della Chiesa universale. Era convinta che «il magistero deve restare fermo come una roccia. Perché se si crea un dubbio, se il magistero si relativizza al tempo che stiamo vivendo, allora la Chiesa non ha più il diritto di insegnare», come ha affermato il Cardinale Sarah. In Africa la famiglia tiene perché la tradizione e la cultura la consacrano, ma soprarutto perché crede. Avrà trovato in questo sinodo ancora una volta l’importanza della famiglia per l’umanità, un tesoro sempre da salvaguardare. Questo sinodo aiuterà l’Africa a rilevare alcune sfide che rovinano famiglia: gli aiuti internazionali sotto condizioni che distrugono i fondamenti etici della società, la mancanza di rispetto nei confronti della donna ancora presa come essere inferiore in alcune società e la demografia sempre galoppante, in un contesto di povertà, che richiama una paternità responsabile.