
«Degli esseri umani aveva conosciuto non soltanto la capacità di ferire e infierire, ma anche quella di amare, gioire e coltivare la speranza». Lo dice con trepidazione Azar, figlia artista pensando al padre, che ricorda costantemente per essere stato capace di trasmetterle, con amore, una passione: quella per la letteratura, per i romanzi e per la poesia.
In questa giornata Nazionale nella Promozione della Lettura, quei ricordi riecheggiano vibrando, perché sono nati in un contesto difficile, diciamo pure pericoloso: la repubblica iraniana delle dittature, dove leggere non è un’impresa qualsiasi. Anzi, può costare la vita. Soprattutto quando a farlo è Azar Nafisi, autrice dello splendido libro Leggere Lolita a Theran, trasformato poi anche in un altrettanto bel film, che rievoca quell’esperienza trascinante di leggere insieme (tra donne) e in segreto, pagine che trasmettono la sensazione di “rivoluzione” sotterranea ed emozionante ricerca del piacere dell’arte, anche in contesti e culture lontane.
Assetati di bellezza, con un libro in mano
Parlando della sua infanzia Azar sottolinea: «Eravamo assetati di bellezza, in qualunque forma, anche quella di un film incomprensibile, ultraintellettuale e astratto, sfigurato dalla censura». E poi, ricordando il passato arricchito da letture, dice: «Il mio soggiorno si trasformò, per tutte noi, nel regno della libertà più assoluta. Sedute intorno al tavolino coperto di mazzi di fiori, entravamo e uscivamo dai nostri romanzi». Ma, dopo alcuni anni, è costretta ad abbandonare il suo paese, e per poter continuare in libertà il suo lavoro di insegnante e di scrittrice, si rifugia altrove, negli Stati Uniti.
Prima di partire la madre le dice «Parla di noi, parla di chi resta in Iran…». E lei lo fa, nella maniera più apprezzabile e immaginaria possibile (si vedano gli ultimi romanzi, i più recenti) e ricorda con commozione lo slogan, Donna, Vita e Libertà, tributo al coraggio che le giovani donne di oggi (e non solo loro), replicano a rischio della propria vita. E dice: «È questo stare insieme che conta. È lo stesso che si vede nel libro e nel film, è il messaggio delle ragazze». E conclude con parole bellissime: «dobbiamo salvare l’umanità».
Scrivere e leggere, ha a che fare con la verità
Da dove le viene il coraggio per un impegno così alto e potente? Ecco: le viene dal padre. Lo racconta in un’intervista di un po’ di tempo fa (pubblicata su Robinson, l’inserto culturale di la Repubblica del 15 settembre 2024): «Ogni sera mio padre – ricorda con affetto Azar – mi leggeva o raccontava una storia, e il venerdì, giorno di riposo settimanale in Persia, mi portava nella libreria per ragazzi. Sceglievamo i libri insieme, poi lui mi faceva sedere nel mio posto speciale. In fatto di storie mio padre era egualitario: mi leggeva libri che venivano da tutto il mondo… Certe volte mi addormentavo abbracciata al libro da cui mio padre aveva appena finito di leggere». Un amore che va oltre il ricordo della voce del padre: è l’emozione di una vita perché, poi, più giovane, Azar maturerà per sempre l’idea che «Scrivere ha a che fare con la verità, dovevo trovare modi creativi per affrontare la censura».
Ancora adesso, con una pila di libri sul comodino
Azar ogni mattina ripensa: «Adoravo e continuo ad adorare questo risveglio dei sensi, la sicurezza che mi danno i libri. Li associo alla voce di mio padre calma e confortante, intima, ma capace di evocare emozioni e sentimenti fortissimi. Grazie a quelle storie il mondo mi si spalancava davanti, e al di là delle sue porte magiche mi attendevano creature incantate».
Si chiamava Ahmad Nafisi, questo splendido padre, ex sindaco di Teheran, incarcerato nel 1963 e in seguito assolto da tutte le accuse, tranne quella di insubordinazione. Eppure le tracce della memoria su di lui sul web sono minime, scarse, ed è un peccato. La madre, Nezhat, la prima donna eletta al Parlamento iraniano, è l’altra grande artefice generativa di un’artista poliedrica, la fautrice dell’immaginazione come potenziale salvezza per l’umanità.
«Parlando della biblioteca, mio padre», ribadisce Azar, «sorrideva con aria maliziosa e diceva che in quella stanza circondata di libri si era sentito un uomo fortunato». E il ricordo si spinge ancora più nel profondo: «Durante la sua permanenza in prigione scrisse più di mille pagine di memorie, imparò a dipingere e studiò il russo. Lesse e tradusse poesie, saggi e libri. Quei quattro anni, spiegava, erano stati tra i più fertili della sua vita. Degli esseri umani aveva conosciuto non soltanto la capacità di ferire e infierire, ma anche quella di amare, gioire e coltivare la speranza».
Il libri, insomma, per papà Ahmad «erano una vittoria sulla fugacità della vita e sull’irrevocabilità della morte; costituivano la prova inoppugnabile del fatto che eravamo esistiti». E i libri, mi ripeto anch’io oggi, vanno letti, ascoltati, riletti e gustati, fin da piccoli, senza guardare l’orologio, e pensare che è arrivato il momento di andare a dormire.
Leggere pericolosamente, mano nella mano

Ma il papà e la piccola Nafisi non leggevano in un contesto normale, come tanti di noi potremmo fare (e spesso non facciamo) ogni sera cha arriva. La risposta su cosa significhi scrivere “pericolosamente”, Azar la dà nelle cinque lettere che tra il 2019 e il 2020 ha simbolicamente indirizzato al padre: (morto nel 2004), per non interrompere quel dialogo. Sono parole che coniugano con delicatezza vita quotidiana, ricordi d’infanzia e critica letteraria, consentendoci di riflettere con pacatezza, ma senza ipocrisia, sulla situazione attuale delle donne iraniane. È un dono prezioso anche per noi… “Leggere pericolosamente” (come Azar titolerà il suo libro) significa (come si legge nel pregiato sito del Festival delle idee di Venezia), «accogliere l’irrequietezza e il desiderio di conoscenza di cui i capolavori della letteratura ci fanno dono, aiutandoci a smascherare ogni impulso tirannico, fuori e dentro di noi.»
Leggere, insieme, tenendosi per mano, tra padre e figlia o figlio, è un ricordo che non si guasterà mai. Rimane indelebile, anche quando, o meglio, soprattutto quando, i sentieri della vita ci porteranno in zone tortuose che, in quei giorni, potevi solo immaginare. Allora, in quei momenti precisi, saranno preziose bussole. Fatte di anima e carne…