Siew Hua Yeo presenta a Venezia un film la cui vicenda si svolge a Singapore. Stranger Eyes è un thriller che ha come protagonisti una coppia di giovani sposi a cui viene rapita la figlia di pochi mesi. Insieme alla nonna paterna, i due genitori si rivolgono alla polizia, ma ben presto si accorgono che le ricerche vanno a vuoto a causa della mancanza di indizi. Qualche tempo dopo i due protagonisti ricevono a casa dei DVD inviati da un anonimo contenenti dei filmati che li riprendono insieme alla loro bambina. Uno stalker li sorveglia, e per di più i suoi video rischiano di compromettere il rapporto della coppia portando alla luce i segreti di ciascuno.
Sconfortato, Darren (Wu Chien-Ho), il padre della bambina scomparsa, decide di cercare il presunto stalker, sospettando che possa essere il vicino Goh (Lee Kang-Sheng). Stranger Eyes inizialmente sembra esplorare la dissoluzione delle barriere tra sfera privata e pubblica, causata dall’onnipresenza della tecnologia nelle grandi città. Tuttavia, quando il focus si sposta sul voyeur, l’atto di osservare assume significati nuovi, aprendo la strada a una riflessione complessa sulla natura della simulazione.
Il filo conduttore della narrazione, che non segue un ordine cronologico lineare, è il tema della sorveglianza e riprende in parte ciò che Orwell aveva già anticipato in 1984: un mondo in cui ogni cosa è controllata e le autorità esercitano un potere assoluto sull’individuo, specialmente in contesti come quello di una città-stato come Singapore. L’attenzione si sposta quindi sull’atto di osservare gli altri e di vedersi attraverso gli occhi altrui, come ha spiegato il regista: “Si tratta di come vediamo gli altri, come loro ci osservano e di come percepiamo noi stessi nel processo”. Il film, quindi, si articola in un complesso “rituale quotidiano” di scambio di punti di vista tra osservatore e osservato, in cui ogni protagonista riesce a vedersi e immedesimarsi nell’altro“.
È un’opera che si presta a più letture, a più “visioni”, ma soprattutto è una chiara ed evidente denuncia a un Paese in cui la sorveglianza è diventata l’effettivo mezzo di controllo a ogni livello, dove la linea tra vedere ed essere osservati diventa sempre più sottile, o quasi inesistente.