Studenti stranieri a Londra ridotti alla fame

Nell’East London, con la pandemia, la situazione è peggiorata da qualche mese: i banchi alimentari sono affollati da migliaia di persone che non hanno diritto ai sussidi governativi

Newham Community Project

Lo scorso 20 febbraio sono stati diffusi sul web e sulle tv britanniche i video di una coda di centinaia di persone, prevalentemente studenti, in coda al banco alimentare gestito dal Newham Community Project, un’organizzazione di beneficenza di Londra. Per la prima volta, in quei giorni, i volontari sono stati costretti a mandare via qualcuno a mani vuote a causa dell’esaurimento delle scorte. 

 

 

Il servizio di assistenza del Newham Community Project era iniziato nel 2020, durante il Ramadan, per distribuire circa 30 pacchi alimentari al giorno. Ora la richiesta si è impennata clamorosamente e l’organizzazione si è attrezzata per riuscire ad assistere circa 2mila studenti a settimana. Alcuni studenti aspettano in coda per ore pur di ricevere degli alimenti, non avendo altre alternative. 



Si tratta di un vero e proprio collasso del sistema. Con la pandemia questi studenti, in maggioranza indiani, hanno perso i loro lavori e si sono ritrovati impossibilitati a pagare le tasse universitarie, l’affitto e gli alimenti. Rozina Iqbal, coordinatrice e wellbeing manager del Newham Community Project, ha spiegato il dramma degli studenti stranieri al Newham Recorder, settimanale locale: «Sono autorizzati a lavorare normalmente, ma quando l’economia si è fermata, sono stati i primi a perdere il lavoro. C’è uno stereotipo che tutti gli studenti stranieri provengono da ambienti ricchi, non è così».

 

Studenti stranieri a Londra in fila per ricevere un pacco alimentare

Credit: Newham Community Project

 

La pandemia ha fatto crollare un contesto sociale già caratterizzato dalla precarietà. Nel Regno Unito, per ottenere il visto, è necessario dimostrare di avere i fondi necessari per le tasse e le spese di soggiorno. «In cerca di opportunità migliori gli studenti indiani e le loro famiglie vendono tutto quello che possono per pagare all’università fino a 19mila sterline all’anno. Le agenzie poi falsificano i documenti per provare che gli studenti hanno fondi sufficienti per mantenersi, presupposto per ottenere il visto di studio» spiega Elyas Ismail, organizzatore del Newham Community Project, contattato dal Fatto Quotidiano.

Se studiano a tempo pieno a livello di laurea o superiore in un’università del Regno Unito, gli studenti stranieri sono di solito autorizzati a lavorare fino a 20 ore settimanali, secondo la guida del governo UK ai visti per gli studenti. Tuttavia non possono accedere ai sussidi statali: il No Recourse to Public Founds (NRPF) afferma che una persona non potrà ricorrere a fondi pubblici se è soggetta al controllo dell’immigrazione, ma a esso sono soggetti anche gli studenti stranieri, che rimangono quindi esclusi dal sistema di welfare. «Questi sono migranti che sono qui legalmente. E stanno passando inosservati», le parole di Rozina Iqbal riportate dal sito MyLondon.

 



 

La pandemia ha inferto un duro colpo a questa bolla sociale.  Il Financial Times riporta che Sanaz Raji di Unis Resist Border Controls, che si batte per i diritti degli studenti internazionali, ha detto che la questione è un «grande problema» e ha incolpato il governo del Regno Unito per aver impedito alle persone che vivono in Gran Bretagna con visti a tempo limitato di ricevere denaro pubblico. Gli studenti stranieri – che nell’anno accademico 2018-19 rappresentavano il 20% degli iscritti all’istruzione superiore nel Regno Unito, con studenti extra-EU che pagavano tasse annuali tra le 14mila e le 20mila sterline – si sono ritrovati indebitati con le università, in lotta per cercare di sopravvivere tra affitto e altre spese e, allo stesso tempo, bloccati in Gran Bretagna per via del coronavirus, senza la possibilità di fare rientro nei propri paesi.
Enti di beneficienza come il Newham Community Project, che sono finanziati al 25% dal Comune e per il resto da donazioni, li stanno aiutando fornendo loro cibo e negoziando il pagamento delle rette universitarie.

Il destino di questi studenti, espatriati per un sogno e ora lontani dalle proprie famiglie, è accompagnato in questo momento dalle organizzazioni come il NCP mentre loro, che non sembrano volersi arrendere, aspettano come tanti un miglioramento della situazione pandemica e un sostegno dal governo.

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