Geografa
della Sorbonne ed esperta di questioni di sviluppo del continente
africano, in una brillante esposizione in onore della sua recente
pubblicazione “L’Afrique est-elle bien partie?”, Sylvie Brunel
ha dato nuova speranza ad un continente in continua evoluzione e che
cresce nonostante i molti e ben noti problemi, dal terrorismo alla
corruzione dilagante, dalle malattie alla malnutrizione.
«È un
continente che si è messo in cammino nella direzione giusta e
porterà giovamento anche alle economie del resto del mondo»:
questo il pensiero della Brunel. Il suo trattato teoricamente si ricollega ad un testo che fu
molto popolare negli anni sessanta dal titolo totalmente opposto: “L’Afrique est mal partie”, di un altro noto geografo ed
economista dell’epoca. La contraddizione quindi con l’allora
visione del continente sta proprio nell’aver riscontrato, secondo
le più recenti analisi statistiche, un netto cambiamento e una
inversione di marcia. L’Africa si è messa in moto in modo più
autonomo che in passato.
Oggi forse sono più chiare anche le cause
che hanno da sempre determinato un affossamento delle economie
africane. Come è pure vero che esistono “le economie”, “le
afriche”, le micro-realtà che compongono un mosaico
complessissimo, ed è difficile poter sintetizzare tutto ciò che
questo continente racchiude (oltre ad un territorio che includerebbe
Cina, Stati Uniti, Europa e altro ancora) in un’unica sintetica
panoramica. Qualcosa rischia di rimanere fuori, come ad esempio i
motivi reali che spingono all’emigrazione di massa, che non sono
riducibili solo ad un generale stato di svantaggio economico e
sociale dell’Africa. Andrebbero indagati regione per regione gli
effetti, ad esempio, della comunicazione; del messaggio (distorto)
che viene trasmesso alle popolazioni locali sulle società europee od
occidentali in generale.
È stato riscontrato più volte infatti
che chi si avventura nelle trasmigrazioni verso il nostro continente
non è obbligatoriamente un povero nullatenente. L’estrema sfiducia
nelle istituzioni locali può essere già una molla.
E’
questa l’unica critica che si può muovere al lavoro e le
riflessioni di Sylvie Brunel. Sarebbe ancora più opportuno, a detta
di chi ha commentato il libro, editare in futuro volumi analoghi ma
che abbiano ad oggetto Nigeria, Ghana, Sudafrica… insomma dando
definitivamente rilievo ai singoli paesi che meritano, da soli, un
esame approfondito e specifiche soluzioni.
La fotografia è dell’Ans (Agenzia Info Salesiana)