Grandi occhi neri mi accolgono alla scrivania.
Shyjan è giovane, un’anima bianca in una carnagione cioccolato. Quando ci parlo oggi mi sembra diverso dal ragazzo che incontro spesso all’università. Sarà perché di solito parla inglese, e ci scambiamo giusto due parole, sarà perché non sono abituata a sentirlo parlare così tanto in una lingua che non è la mia, ma la gioia che esprime dopo questo incontro è grande. Nato in India, a Mattara, un piccolo villaggio vicino Kerala, salesiano dal 2010, ha coltivato un sogno nel cuore, sperando di realizzarlo prima possibile. Ci è riuscito. Questa è la sua esperienza.
Perchè hai scelto di
fare il missionario in Sudan?
Ho sempre desiderato
occuparmi di missione, e dopo il college ho partecipato come
volontario ad una missione nella parte nord-est dell’India, a circa
4000 km di distanza dalla città in cui abitavo. Facevo parte di un
movimento giovanile carismatico cattolico, chiamato “Jesus Youth”
e ho lavorato lì nella missione a fianco dei Salesiani.
Dopo questo periodo
di volontariato ho deciso di approfondire la conoscenza con la
spiritualità di Don Bosco, che mi ha in seguito portato a diventare
sacerdote salesiano. In quel periodo ho incontrato un prete salesiano
missionario dal Sud Sudan, venuto in India per vacanza: dopo averlo
ascoltato, ed essendo venuto a conoscenza delle esigenze che avevano
I missionari per lavorare in Sudan, ho sviluppato un maggiore
interesse, cominciando a pregare per la missione. Quando poi ho
concluso la mia iniziale formazione da sacerdote ho espresso il
desiderio alla mia comunità di partecipare ad un’opera di missione
in Africa, specialmente nel Sud Sudan. Dopo alcuni anni, I miei
superiori mi hanno concesso di andare in Sudan come missionario.
Cosa pensavi di
trovare in Sudan, e cosa hai invece trovato?
Mi ero fatto un’idea
generica riguardo alle missioni in Sudan, in base a ciò che mi era
stato riferito negli anni. Quando invece sopno arrivato là, otto
anni fa, sono stato accolto a casa delle persone, con la loro
cultura. La situazione non era semplice, il paese era in una
continua, pericolosa guerra, ed io avevo timore di rimanere lì
all’inizio, ma parlando con il popolo, ascoltando le loro storie, mi
sono convinto che la cosa migliore da fare fosse proprio rimanere lì
con loro.
Ero stato mandato
all’inizio nella parte nord del paese, un posto dominato dagli arabi,
dove I sudsudanesi e I cristiani non erano considerati allo stesso
livello della popolazione araba. Alcune dei nostri amici vivevano
negli IDP, Internally Displaced Peoples, campi forniti solo di beni
di prima necessità. La Chiesa Cattolica era vicina agli arabi, noi
ci incontravamo spesso con loro ed I loro figli studiavano nelle
nostre scuole, giocavano con I nostri bambini, per favorire una
maggiore integrazione tra le due culture. Dopo questa iniziale
esperienza nel Nord Sudan, ho passato gran parte dei miei giorni nel
Sud Sudan, dove serviva assistenza per l’educazione, per il benessere
della società, e per una formazione spirituale.
Come si vive in
Sudan? Ci sono rituali, abitudini, cibo che ricordi in particolare
della cultura sudanese?
Ci sono molte tribù
in Sudan ed ognuna ha una sua lingua, abitudini, rituali diversi. In
Sud Sudan si nota l’enorme ricchezza di culture diversissime tra
loro, hanno più possibilità di esprimersi rispetto alla condizione
di rifugiati del nord.
Il 9 luglio 2011, il
Sud Sudan ha ottenuto l’indipendenza dal Nord, è diventato una nuova
nazione: prima di allora si è visto una specie di periodo di
intermittenza in cui forze politiche spingevano per essere
riconosciute poi nel referendum del 2010: per questo motivo abbiamo
vissuto una pace “reale” soltanto a partire dal 2005, intendo una
pace formalmente riconosciuta, anche se in sostanza tuttora non
presente.
La maggior parte
delle tribù nel Sud Sudan usano il mais come alimento
principale.Preparano un piatto speciale chiamato “asida”, una
specie di polenta fatta di farina di mais, sorgo e cassava. Questo
pasto viene servito con alcune verdure e uno stufato di carne. La
cosa più importante per la maggior parte delle tribù è che il
pasto deve essere consumato in famiglia: l’intera famiglia si siede
infatti intorno al tavolo e mangia, tutti insieme, in un unico grande
piatto. Questa abitudine favorisce un senso di comunità e una
condivisione di vita a livelli profondi.
Com’è la situazione
politica in Sudan attualmente?
La situazione
politica adesso è veramente allamante. Dopo l’indipendenza, la
nazione è stata progressivamente consolidata in alcuni settori, ma
sfortunatamente il potere acquisito da alcuni politici ha creato un
escalation di violenza coinvolgendo centinaia di vite innocenti. La
violenza continua in alcune zone della regione e questo ha la sua
conseguenza nella creazione di movimenti giovanili per il progresso
stroncati sul nascere.
Disoccupazione
giovanile: quanta ne esiste e come viene vissuta in Sudan?
La disoccupazione
giovanile è un problema molto serio nella regione. Nella mia
esperienza là posso dirti che cerchiamo di educare (nella missione
salesiana, ndr.) I giovani ad essere buon cristiani ed onesti
cittadini, e questo coinvolge anche l’aspetto lavorativo, ma le
opportunità di lavoro sono davvero molto limitate, ed I giovani più
promettenti sono spinti a lasciare questo paese e trovare lavoro
altrove anche a causa dell’instabilità politica elevata.
In che modo si
divertono I giovani? Quali sono I loro sogni?
Gli intrattenimenti
sono molto limitati se paragonati a quelli dell’Europa o di altri
paesi occidentali. Per prima cosa ci sono poche infrastrutture dove
proseguire una vita sociale soddisfacente, quindi le possibilità di
riempire I sogni dei giovani è data solo dalla capacità di stare
insieme, in modo semplice, parlando, ridendo insieme. Allo stesso
tempo hanno un sacco di divertimenti di tipo culturale, come letture
o film e si riconoscono in essi.
Un proverbio, un modo
di dire che ricordi in particolare del Sudan.
Uno dei più famosi
proverbi è “it is a fool who rejoices, when the neigbor is in
toruble”, ovvero “è uno stolto chi gioisce, quando il vicino è
nei guai”. Penso che riesca ad esprimere in una frase tutto il
sensso di comunità, di appartenenza dei sudanesi. Ha molto
significato nelle loro vite: dopo essere stati coinvolti in un
conflitto che dura da 20 anni, hanno capito che necessitano del
supporto vicendevole e non di gioire delle disgrazie altrui.
Perchè un giovane
europeo dovrebbe visitare una casa salesiana in Sudan?
Ci sono molte
ragioni per farlo. Per prima cosa per avere un’altra visione del
mondo, vederlo con occhi diversi, capire come vivono altri giovani
della sua età in uno stato completamente diverso. In seguito per
apprezzare I doni che ha ricevuto dalla vita, il suo entusiasmo, la
sua voglia di impegnarsi per gli altri: siamo tutti nati in una
cultura particolare, in un paese particolare, nessuno di noi ha
scelto I nostri lineamenti o il luogo di nascita, è stata una scelta
di Dio. Scambiare la nostra ricchezza culturale, sociale, spirituale
ed economica anche con occhi è totalmente diverso da noi. Quando un
giovane decide di visitare il Sudan, deve avere una mente aperta,
perchè sono tante le cose da imparare e capire: è un arricchimento
continuo. Fidati di me, non sarai più lo stesso dopo un’esperienza
di missione in Sud Sudan. La gioia che ti lascia, è enorme.