“New Generations. Credenze e valori delle giovani generazioni”: questo è il tema del Seminario che la Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale dell’Università Pontificia Salesiana ha organizzato in collaborazione con il Religion Today Film Festival di Trento, lo scorso 5 novembre.
Questa giornata di confronto e analisi ha visto la partecipazione, oltre che degli organizzatori della manifestazione cinematografica, anche di esperti di vari ambiti.Tra questi lo psicologo e psicoterapeuta Domenico Bellantoni, che ha trattato il tema della ricerca di senso nel quadro della religione e della spiritualità.
Come primo dato il docente riporta un’indagine condotta dall’Istituto IARD sulla condizione giovanile in Italia. Una ricerca che non è affatto recente (è di circa dieci anni fa), ma che dà perfettamente l’idea di come fosse già in crisi il rapporto dei giovani con la fede. Non a caso negli ultimi anni l’ISTAT ha deciso, visto il numero crescente di atei e agnostici, di non fare più domande sulla fede degli intervistati.
Infatti, nella lista dei valori riportati dall’indagine IARD la religione occupa il terzultimo posto. Tuttavia, hanno ottenuto una percentuale elevata di consenso la pace, la libertà, l’amore e l’amicizia che rimandano in qualche misura a valori trascendenti di tipo anche laico. Quindi, sottolinea Bellantoni, «da questa ricerca emerge da una parte una crisi delle istituzioni religiose e delle confessioni tradizionali, mentre dall’altra un’apertura a valori trascendenti, cioè valori che rappresentano una guida nella propria esistenza».
Nonostante questa evidente crisi della dimensione spirituale, si sente parlare sempre più spesso di anateismo (verso il teismo), cioè un atteggiamento religioso “ritrovato” che è tipico del nostro tempo. Si sta rilevando, quindi, un ritorno della spiritualità verso una forma di deismo (qualcosa di trascendente, ma non ben definito) e teismo (che fa riferimento a un “dio personale”). Prosegue Bellantoni dicendo che «forse bisognerebbe parlare più di anadeismo. C’è, infatti, un ritorno verso qualcosa di spirituale, non necessariamente identificato con una “persona”, ad esempio l’amore, l’amicizia e la libertà».
In rapporto, allora, all’esperienza spirituale, risulta interessante il tema della ricerca di senso, inteso come direzione, progettualità. Non avere un senso nella vita porterà a vivere alla giornata, alla sola ricerca di sensazioni (intese come emozioni) e ciò caratterizza non solo le nuove generazioni.
Tuttavia, spiega il docente, la vita ci sollecita sempre con degli “appelli”, soprattutto quando siamo convinti di non aver bisogno di nulla. Perciò, davanti alla necessità di avere una direzione nella vita, ci sono due diverse possibilità. La prima è anestetizzare questa domanda attraverso la pura ricerca di sensazioni, mentre la seconda è promuovere la domanda di senso e il processo di scelta.
Quindi, in questo particolare campo d’azione, qual è il ruolo dell’educatore? Precisa Bellantoni che «l’educatore corre spesso il rischio di essere un pacificatore che evita tensioni tra le nuove generazioni. Invece, il modello che bisognerebbe proporre è quello di un educatore che dà il tempo e indica una strada. Deve essere prima di tutto un testimone che vive alla luce di un senso».
Solo così il giovane avrà la possibilità di sviluppare un pensiero critico, senza lasciarsi trascinare dalle solo emozioni. Una sfida che gli educatori hanno il dovere di cogliere, soprattutto in una società così tanto dominata dai mass media.