Tra palestre e libri i giovani costruiscono sogni. L’esempio di Giulia Arpino

La schermitrice Giulia Arpino è una studentessa che sogna nuovi traguardi sportivi, coniugando da sempre il binomio agonismo e scuola

Chi l’ha detto che un giovane non possa coniugare studi e attività sportiva?

Non esiste una teoria scientifica per cui una disciplina debba escluderne un’altra. Chiedetelo a Giulia Arpino e ai ragazzi del Club Scherma Roma, che ogni giorno tra spade, sciabole e fioretti non rinunciano alla formazione universitaria, in vista di un futuro con più prospettive.
Giulia, classe 1999, studentessa della facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, ci accoglie ai cancelli del Club scherma con un sorriso coinvolgente; una carica di adrenalina silenziosa che esplode al solo impugnare sciabola, guanto e casco protettivo.
Medaglia di bronzo ai campionati europei giovani alle 6 armi, campionessa a Lecce dei campionati cadetti giovanili alle 3 armi, tutti nel corso del 2019. Questi sono solo una parte dei successi della giovane schermitrice. Vittorie che partono da lontano.
Figlia di schermidori, suo padre Marco Arpino è stato schermidore di successo internazionale tra il 1985 e il 1996; Giulia ha reso, insieme al fratello Alberto, la passione per la scherma come una seconda pelle. Sì, perché quando entrambi indossano la divisa ufficiale, non solo rappresentano una nazione, ma un autentico modello di costanza, temperanza e determinazione.

Gli ostacoli non sono fallimenti

I genitori in questo caso hanno un ruolo decisivo nel cammino del giovane. Gli ostacoli sono gli alti e bassi della vita, tutti desidereremmo un cammino in discesa, fatto di glorie e traguardi. Specialmente per un giovane, la strada è spesso contornata da deviazioni, improvvisi stop.
Imparare a cavarsela da soli è necessario, ma per arrivare a ciò, occorre la figura guida dei genitori.
La stessa Giulia durante l’intervista parla dell’influsso della figura materna e paterna.

Sfiduciare, condannare, limitare non è formare, non è educare.

In un articolo della dottoressa Eleonora Ceccarelli, psicologa psicoterapeuta, è interessante osservare la tematica del binomio agonismo e scuola.
Quello che emerge è che il giovane necessita di sfide, di mettersi in discussione, e in questo caso lo sport è spesso occasione di prove, di interazioni sociali con il proprio team o gruppo. Fare attività sportiva può essere considerata come un’autentica pedagogia integrativa, al servizio degli stessi studenti.
La più grande vittoria di un educatore è quello di formare giovani con volti accesi, lontani dalle paure di ricevere sconfitte, di affrontare periodi bui.
Si potrebbero scrivere righe su righe di elogi nei confronti di Giulia e i suoi traguardi, ma proprio questi ultimi parlano da sè. La giovane schermitrice è l’esempio di chi inizia un percorso non per trovare la gloria e il successo, ma per ottenere stimoli di sfide sempre più complesse, attraverso una disciplina sportiva tanto cara alla sua persona.

Il mondo dello sport al fianco della formazione scolastica degli atleti

Il mondo dello sport professionistico da anni opera attraverso iniziative che tutelino in primis la formazione scolastica dei giovani sportivi (per approfondire leggi anche: Riparte la sperimentazione didattica “Studenti-Atleti”  tratto dal sito del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca).
Le grandi società agonistiche cullano a trecentosessanta gradi il futuro dei loro ragazzi, cercando di formare non solo atleti vincenti, ma anche uomini e donne di un domani, perché il talento rende invincibili, ma la cultura immortali. 

 

La pistola non è un’arma ma un trucco volgare.

Se sono disposti a uccidersi, gli uomini lo devono fare faccia a faccia; non da lontano, come infami delinquenti da strada.

L’arma bianca possiede un’etica che manca a tutte le altre… E, se mi è concesso, direi addirittura una mistica.

La scherma è la disciplina mistica del vero cavaliere

Arturo Pérez Reverte 

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