Roma, Viale di Porta Ardeatina. Stavolta una frase
d’amore, scritta sul fondo stradale: «Matteo
mi ama». Più che una frase fatta, una frase sfatta, ribaltata rispetto alla
forma attiva che si incontra di solito. Dunque rivoluzionaria. Tra «Amo Matteo» e «Matteo mi ama» c’è la stessa differenza che passa tra l’esprimersi
e il comunicare. «Amo Matteo» è
affermare se stessi e la propria proiezione, indipendentemente dal fatto che
l’altro mi corrisponda. «Matteo mi ama» è
accorgersi che non esisto solo io, che qualcuno ha messo gli occhi su di me.
Anzi, che per qualcuno sono la più bella del reame.
Tuttavia ricordiamo d’aver visto su un muro della
capitale, più o meno una trentina d’anni fa, uno stupendo «Amo Sabbrina»,
con il raddoppio della “bi” che non andava letto come errore, ma come
rafforzativo (come l’ammore dei
napoletani, notato da Erri De Luca: con due “emme” per dargli energia, per urlarlo).
Resta la curiosità di sapere se
Sabbrina avrà colto di quanto ammore
era ammata, o se si sarà messa a ridere
per l’ignoranza dello spasimante. O tutt’e due le cose.