“Un professore tutto per me”: contro la povertà educativa aggravata dal Covid-19

Il segretario generale della Fondazione De Agostini, Marcella Drago, racconta a Young4Young il progetto "Compiti@casa": realizzato in collaborazione con l’Università di Torino e rivolto agli studenti della scuola secondaria di primo grado con difficoltà di apprendimento

Fondazione De Agostini

Compiti@casa è uno dei progetti curati dalla Fondazione De Agostini, consiste nell’accompagnamento allo studio a distanza per studenti della scuola secondaria di primo grado e mira a contrastare questo periodo di “emergenza scolastica” e non solo sanitaria, che ha aggravato ulteriormente le diseguaglianze di base e colpito profondamente il mondo dell’istruzione.

Nata nel marzo del 2007 a Novara, dall’impegno delle famiglie Boroli e Drago, per sostenere la collettività attraverso i contributi generati dalle attività imprenditoriali del Gruppo De Agostini, la Fondazione coltiva un’idea precisa: che la DAD non deve essere considerata un fattore penalizzante e di esclusivo distacco. Anzi: il grande obiettivo del progetto è creare una programmazione didattica personalizzata, che scavalchi il periodo di emergenza, puntando all’utilizzo di programmi multimediali e di rete che prima erano poco utilizzati.

Compiti@casa è realizzato in collaborazione con l’Università degli studi di Torino e nel suo primo anno di attività, rivolge l’offerta ad alunni delle classi prime e seconde, per un totale di cento ragazzi e ragazze suddivisi su tre scuole “pilota” di quartieri periferici di Novara, Torino, Milano.
La finalità del progetto è quella di sostenere gli alunni in difficoltà, garantendo una guida attenta nell’apprendimento dell’italiano, della matematica e delle discipline scientifiche, con attività di studio pomeridiano per quattro ore settimanali, a partire dal secondo quadrimestre dell’anno scolastico

Per comprendere meglio la storia, gli obiettivi e i valori di Compiti@casa, Young4Young ha contattato Marcella Drago, segretario generale della Fondazione, che ci ha descritto le caratteristiche di questa iniziativa.

 

Marcella Drago, Segretario Generale della Fondazione De AgostiniMarcella Drago, Segretario Generale della Fondazione

 

Come e quando è nata l’idea del progetto “compiti@casa” e che cosa rappresenta per la Fondazione De Agostini.

Il progetto «compiti@casa» nasce per contrastare la povertà educativa aggravata dall’attuale emergenza sanitaria, con un programma di sostegno allo studio a distanza. L’iniziativa, promossa dalla Fondazione De Agostini in collaborazione con l’Università degli studi di Torino, è partita lo scorso 25 gennaio in tre scuole di periferia a Milano, Torino e Novara, e si rivolge agli alunni della scuola secondaria di primo grado con difficoltà di apprendimento, lacune o deficit scolastici aggravati anche dal lungo periodo di chiusura delle scuole. La povertà educativa è uno dei principali fattori che produce diseguaglianze: i più colpiti sono i bambini e gli adolescenti che vivono in contesti sociali difficili a rischio di povertà assoluta, situazione in cui in Italia si trova attualmente il 12% dei minori (dati Istat 2019). A seguito della pandemia più di 8,5 milioni di studenti sono stati costretti a interrompere la frequenza scolastica, aggravando ulteriormente le disuguaglianze di base. Il nostro progetto è nato proprio per cercare di dare una risposta concreta a queste problematiche. Abbiamo attivato, grazie alla partnership con l’Università degli studi di Torino, una rete di sostengo con gli studenti universitari in qualità di tutor per accompagnare e aiutare nel recupero scolastico i ragazzi della scuola secondaria di primo grado.

 

Quali sono i vostri obiettivi?

Gli obiettivi del progetto possono essere così sintetizzati: aiutare nella prevenzione delle situazioni di fragilità a rischio dispersione scolastica; contribuire a colmare il digital divide che la situazione di emergenza sanitaria ha amplificato; promuovere il successo formativo di alunni in difficoltà che, a causa di problematiche personali, culturali o sociali, partono già da una condizione di svantaggio; aumentare la motivazione nello studio.

 

Quanti sono gli studenti coinvolti?

Gli studenti coinvolti sono 100 (dagli 11 ai 13 anni), frequentanti la prima e la seconda classe di scuole secondarie di primo grado di tre istituti “pilota” a forte caratterizzazione multietnica e collocati in quartieri periferici: I.C. Renzo Pezzani di Milano (zona Corvetto); I.C. Leonardo da Vinci-Frank di Torino (Zona Falchera); I.C. Rita Levi Montalcini di Novara (quartiere di Sant’Andrea).
Questo progetto rispecchia pienamente la sensibilità della Fondazione De Agostini in ambito educativo, inteso in senso ampio come acquisizione di competenze e come crescita umana. Soprattutto nelle situazioni di marginalità culturale, l’educazione e la formazione diventano strumenti di cambiamento, promozione di nuove opportunità e occasione di miglioramento sociale e professionale.

 

Il quarto dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 ribadisce proprio l’impegno di garantire a tutti i giovani un’istruzione di qualità. Quali sono le strategie e le azioni che la Fondazione ha studiato per rendere il progetto valido nonostante la pandemia?

La forza di questo progetto risiede innanzitutto nella virtuosa collaborazione tra studenti, tutor, scuola e famiglia, con il supporto didattico e tecnico offerto dall’Università degli studi di Torino nella persona della professoressa Marina Marchisio, ordinario di Matematiche complementari, che svolge da anni ricerche nel campo della Digital Education e coordina numerosi progetti di ricerca e didattica sul tema, anche presso il MIUR. L’Università si è occupata della selezione, della formazione e del coordinamento dei tutor, nonché della formazione dei docenti delle scuole che partecipano all’iniziativa.
Altro punto di forza del progetto è il suo impianto generale, studiato per adattarsi alle nuove esigenze imposte dall’attuale pandemia e per essere replicato in altre scuole a livello nazionale. L’iniziativa offre sostegno nell’apprendimento dell’italiano, della matematica e delle discipline scientifiche mediante un’attività di studio pomeridiano di quattro ore settimanali (due per l’area umanistica, due per quella scientifico-matematica) a partire dal secondo quadrimestre. Le attività – che dureranno 15 settimane per un totale di 6.000 ore di assistenza – sono svolte a distanza in un ambiente di apprendimento virtuale integrato, utilizzando una piattaforma digitale (https://compitiacasa.i-learn.unito.it/) progettata e sviluppata dall’Università di Torino per video lezioni in sincrono e per la condivisione dei contenuti interattivi. Tutti gli appuntamenti si svolgono in rapporto uno a due (un tutor universitario/due alunni) oppure uno a uno, a seconda delle necessità, e vedono il coinvolgimento di 54 studenti (27 per l’area umanistica, 27 per l’area scientifico-matematica) dell’Università di Torino.
Nel progetto, inoltre, anche gli istituti scolastici diventano soggetti attivi, segnalando i ragazzi in difficoltà attraverso i docenti (4 per ogni istituto, 12 in totale), che sono a loro volta coinvolti in un percorso di formazione e di verifica periodica dell’iniziativa. I consigli di classe hanno individuato con cura gli studenti da inserire nel progetto e i dirigenti hanno supportato l’iniziativa, che è stata inserita nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa. Anche le famiglie sono parte attiva, attraverso la sottoscrizione di un patto formativo con la scuola di appartenenza e la Fondazione De Agostini”.

 

Secondo una ricerca della Onlus Save The Children dispersione scolastica e povertà educativa sono aumentate di 34mila nuovi studenti, solo nel 2020. Il Terzo Settore è già sceso in campo con oltre 80mila organizzazioni no profit a sostegno di famiglie e giovani. Dove occorre investire insieme alle istituzioni governative?

In base alla nostra esperienza e seguendo le linee guida dei progetti che la Fondazione De Agostini ha realizzato in ambito educativo e formativo, il primo passo da compiere è riunire e ottimizzare le misure e le risorse a disposizione, coordinando le diverse competenze per valutare, ricostruire, sostenere e migliorare quanto già fanno scuole e privato, d’accordo con Regioni e Comuni.
Come dimostra il progetto “compiti@casa”, bisogna sostenere le esperienze di peer education e promuovere forme di tutoring e mentoring a tutela dei ragazzi più fragili.
È altrettanto importante incoraggiare l’innovazione digitale e testare metodi sperimentali, affiancando ai media tradizionali le nuove piattaforme.
L’offerta di percorsi di istruzione e formazione professionale, inoltre, si è dimostrata un valido strumento per contrastare il fallimento formativo. Tali percorsi, infatti, registrano tassi di abbandono ridotti e spesso diventano luoghi di recupero dei fuoriusciti dal sistema dell’istruzione scolastica. È quindi auspicabile un rafforzamento dell’alternanza scuola-lavoro, investendo anche sull’orientamento informativo ed educativo come strumento a supporto e accompagnamento delle scelte.
Fondamentale, infine, è sostenere la costante formazione dei docenti, assicurando nelle aree di massima crisi un organico adeguato per i BES (Bisogni Educativi Speciali).

 

Le attività di sostegno didattico pomeridiano sono tenute da cinquanta studenti dell’Università di Torino. Sulla base di quali criteri vengono scelti e qual è lo stile didattico che devono adottare nelle sedute pomeridiane?

I 54 tutor sono stati selezionati tramite un bando indetto dall’Università degli Studi di Torino e, successivamente, sono stati preparati all’incarico attraverso un percorso di formazione che complessivamente ha erogato 500 ore di formazione nelle tematiche: ambiente digitale di apprendimento compiti@casa; metodologie didattiche e tecnologie per il recupero: problem posing, problem solving, collaborative learning, valutazione formativa automatica; la valutazione formativa automatica per il recupero; risorse e attività con feedback per il recupero all’interno dei due corsi online; formazione didattico-pedagogica: il ruolo del tutor nel contesto scolastico.
Per quanto riguarda lo stile didattico, bisogna considerare che questi tutor sono giovani figure di riferimento che, in un’ottica di peer education, non solo possono portare novità in termini di metodologie e contenuti, ma sono anche capaci di accoglienza, ascolto e buone relazioni, anche a distanza. I loro punti di forza finora emersi hanno evidenziato che la giovane età li fa percepire contemporaneamente insegnanti e amici, facilitando da parte degli alunni coinvolti l’apertura al confronto e al dialogo in un clima confidenziale e protettivo.

 

Quali difficoltà avete ravvisato durante la costruzione e la messa in pratica del progetto.

Non abbiamo riscontrato grandi difficoltà nella realizzazione e nell’avvio del progetto, ma bensì una forte adesione da parte degli studenti tutor da un lato e degli insegnanti delle scuole coinvolte dall’altro. L’iniziativa è stata subito apprezzata e, grazie al supporto anche tecnologico dell’Università, siamo stati in grado di far partire il progetto in tempi relativamente brevi. Le poche criticità che si sono verificate, sono state subito affrontate offrendo le soluzioni. Per far fronte all’instabilità di alcune connessioni la nostra Fondazione ha immediatamente fornito delle SIM agli studenti interessati, mentre per ovviare all’assenza di dispositivi informatici adeguati le scuole coinvolte hanno distribuito tablet e computer. Là dove si sono manifestati problemi tecnici nell’attuare la didattica a distanza, sono state sviluppate delle possibilità di utilizzare sistemi diversi di WebConference”.

 

Una storia che vi ha toccato tra i vostri beneficiari e che vi ha spinto a comprendere non solo la riuscita, ma soprattutto l’importanza del vostro progetto?

Non c’è una storia particolare, ma finora tutte le testimonianze raccolte dagli alunni evidenziano un rapporto di fiducia fra tutor e assistito. I ragazzi affermano che, se non capiscono un argomento a scuola o in DAD, è poi importante avere a disposizione un “professore tutto per me” per recuperare e apprendere, anche perché spesso gli studenti già svantaggiati non pongono domande al proprio docente per timidezza o timore. Un altro studente ha affermato di “avere trovato il coraggio di proporsi per una interrogazione”, grazie alla fiducia che aveva acquisito nelle sue capacità dopo gli incontri con il suo tutor, dichiarando che “era la prima volta che lo faceva” in tutto il suo percorso scolastico.
Prima di ogni verifica di classe, invece, il ripasso con il tutor trasmette al ragazzo assistito sicurezza e calma. E ancora, gli alunni sottolineano come i tutor siano chiari e diretti nelle loro spiegazioni perché usano esempi e materiali legati alla realtà e al vissuto quotidiano dei ragazzi. Talvolta si vengono a creare situazioni di virtuosa complicità che intrecciano apprendimento e gioco: dopo aver studiato il sistema di riferimento cartesiano, una studentessa e una tutor a fine lezione hanno “giocato a battaglia navale”.

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