Ogni anno, all’Università Pontificia Salesiana di Roma, si tiene il corso di formazione permanente per formatori vocazionali di vita consacrata del clero diocesano e per animatori di comunità religiose. L’obiettivo è di aggiornare la loro formazione di base. Questo corso si svolge ogni secondo semestre dell’anno accademico.
I formatori vengono da vari Paesi del mondo, secondo la necessità del lavoro pastorale. Il corso dei formatori è stato istituito da Don Egidio Viganò, quando era rettor maggiore. Diceva: «dovete prendere il meglio che c’è in giro e pagarlo bene. Se non avete soldi, venite da me». Oggi, questa realtà è ancoraun servizio utile e necessario.
Per parlarne, abbiamo incontrato Don Giuseppe Roggia, prete salesiano, che lavora all’università Pontifica Salesiana dal 1998. Ha lavorato come formatore in una casa di formazione, occupandosi di aspirantato, noviziato, post-noviziato. Adesso vive in una comunità di giovani sacerdoti che si sta specializzando all’Università Salesiana ed è responsabile del Corso peri formatori.
Ventotto anni in formazione. Quali sono gli obiettivi o meglio le aspettative dei vescovi e dei superiori delle congregazioni?
«Il corso dei formatori non è un corso accademico. È un corso che è stato istituito per volere del rettore maggior Don Viganò, che su sollecitazioni degli altri superiori generali delle altre congregazione, chiedeva a punto di pensare un piccolo corso di formazione permanente appena un semestre di rinnovamento per chi già sta facendo il servizio di formazione.
Quante lavorano per questo corso?
«Con me c’è don Vittorio Gambino, che è uno dei membri fondatori. Inoltre, ci sono i professori che sono dall’UPS e altri che vengono da fuori».
Quanti studente avete già accolto?
«Sono passati circa duemila persone tra preti, religiosi e religiose».
Quali sono le condizione per partecipare a questo corso?
«Per questo corso non è uno corso accademico proprio per lasciare più possibilità di partecipazione, perché se fosse uno corso accademico – anche un master – escluderebbe automaticamente tutti quelli chi non hanno la scuola superiore. Capita che abbiamo persone che non hanno una scuola superiore, però hanno un’esperienza grandissima in casa di formazione! Molto più di tutti quelli che prendono la laurea specialistica. Alla fin il corso non rilascia una diploma, ma un attestato, anche se il corso potrebbe essere a tutti effetti un master perché prevede da 50 a 60 ore e attività che residenziali.
Quali sono le materie?
«C’è una panoramica generale di tutte le cose che servono per la formazione: dall’impianto teologico a quello delle scienza umane, la dimensione psicologica che riguarda un po’ la dimensione della maturazione umana, le problematiche di oggi compresa la fragilità, nella vita consacrata delle persone».
Da dove vengono i professori che insegnano?
«Alcuni professori sono dell’Università Salesiana, ma la maggior parte sono persone che lavorano in altre Università oppure in centri specializzati. Anche perché proprio nel progetto iniziale di questo corso c’era il proposito di utilizzare veramente le persone più preparate circa alla formazione che ci potevano essere in giro».
Quali sono le difficoltà più notevole travate facendo questo corso?
«Una è la lingua, perché spesso quelli che vengono a frequentare il corso non la conoscono bene. Per cui, almeno all’inizio, c’è qualche difficoltà. Poi vediamo che si integrano molto bene e c’è una buona partecipazione. Anzi, si coltivano i rapporto tra le persone tanto che si crea una vera comunione».
Dove si possono trovare le informazioni?
«Abbiamo un dépliant chi arriva a tutti superiori generali in Italia, a tutti vescovi e a livello mondiale a tutte le conferenze episcopali e mondiali. Ne diamo notizia sul sito dell’Università. E chi fa la pubblicità maggiore? Sono quelli che hanno frequentato il corso e trasmettono l’entusiasmo agli altri».