“Uomo, dove sei?”. Il cinema alla ricerca dell’essere umano al Tertio Millennio Film Fest

Uomo, dove sei? è una domanda che interpella tutti, indipendentemente dalla fede o cultura. In un tempo in cui l’uomo sembra aver smarrito sé stesso, il cinema si propone come spazio per interrogarsi, per riscoprire la propria vocazione e il proprio posto nel mondo

Nato come luogo di dialogo interreligioso e culturale su impulso di Papa Giovanni Paolo II nel 1997 e organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, il Tertio Millennio Film Fest si conferma anche quest’anno come un laboratorio di riflessione profonda sul presente e sull’uomo. L’edizione 2024 ruota attorno a una domanda potente e antica: “Uomo, dove sei?“, tratta dal terzo capitolo della Genesi (Gn 3,9). Questa domanda, posta da Dio ad Adamo dopo il peccato originale, non è solo una richiesta di localizzazione fisica, ma un invito a una ricerca interiore, un appello esistenziale, una domanda che sollecita l’uomo a ripartire, a intraprendere di nuovo il cammino, nonostante la caduta.

Il tema e i film

La scelta appare particolarmente adatta in un’epoca segnata dalla frammentazione e dalla crisi identitaria. “Uomo, dove sei?” non si limita a riproporre una riflessione religiosa, ma si pone come un interrogativo universale, che attraversa culture, tradizioni e sensibilità. È una domanda che invita l’uomo a fermarsi, a guardarsi dentro e a prendere coscienza della propria condizione. Nel contesto del festival, questa domanda si traduce in una selezione di opere cinematografiche che esplorano il senso dell’umanità in situazioni di conflitto, alienazione, speranza e resistenza. La varietà delle produzioni internazionali permette di tracciare un mosaico complesso e sfaccettato, rivelando le molteplici risposte che l’uomo contemporaneo tenta di dare al proprio smarrimento. I film selezionati raccontano storie di uomini e donne in ricerca, in ricerca di sé, in ricerca di relazioni autentiche, in ricerca di senso: giovani in lotta per la propria identità, famiglie spezzate ma ancora tese verso la riconciliazione, genitori chiamati a riscoprire la propria vocazione, all’umanità che si abitua alla guerra e al male. Attraverso lo sguardo di registi provenienti da contesti culturali differenti, il cinema diventa una lente capace di mettere a fuoco l’umano in tutta la sua complessità, al di là di stereotipi e semplificazioni.

Gli otto film del concorso

In “About Luis”, il bullismo subìto da un bambino per un semplice zainetto decorato con un unicorno, spinge una coppia a confrontarsi con il conformismo sociale. Qui la domanda biblica diventa un invito a riflettere sul senso di protezione e sul rischio di tradire l’unicità per adattarsi alle aspettative. In “Lost Country”, la scelta tra lealtà familiare e ideali politici divide un figlio dalla madre, rappresentante di un regime corrotto. La ricerca di Stefan è quella di un’identità morale, un terreno fragile in cui si gioca la lotta tra affetto e giustizia. Il documentario “Madame Hofmann” sposta il fuoco sulla cura di sé: Sylvie, dopo una vita dedicata agli altri, si trova davanti alla possibilità di vivere finalmente per sé stessa. È una riflessione sulla necessità di non perdersi nel dono, ma di riscoprire la propria interiorità. Con “Il mio compleanno”, la fuga di Riccardino verso la madre lontana si trasforma in uno scontro con illusioni e realtà dolorose. La sua storia rappresenta una generazione ai margini che cerca un posto in un mondo che sembra negarlo. In “Mon Inséparable”, l’intenso legame tra una madre e il figlio disabile si incrina quando quest’ultimo diventa padre. Il film esplora come amore e dipendenza possano intrecciarsi, e come l’indipendenza sia un atto d’amore per sé e per l’altro. “Of Dogs and Men” conduce nella tragedia di una guerra recente, nel conflitto fra Israele e Palestina, in cui la giovane Dar cerca un legame perduto, il suo cane, per ritrovare se stessa. È una testimonianza della resilienza umana di fronte alla distruzione. E ancora, “Paternel” racconta la sfida di un prete, Simon, che scopre di essere padre. La domanda “Uomo, dove sei?” si incarna qui nel conflitto tra vocazione e responsabilità personale, chiedendo se sia possibile abbracciare entrambe senza perdere sé stessi. Infine, “Songs of Slow Burning Earth” ci immerge nell’abisso del conflitto in Ucraina. Sullo sfondo di un paesaggio devastato, una nuova generazione di ucraini cerca di immaginare il proprio futuro. La domanda “Uomo, dove sei?” si intreccia qui con la lotta per mantenere la propria umanità in un contesto di annientamento.

Una umanità spezzata, ma non perduta, alla ricerca

Da tutte le storie che incontriamo emerge un’umanità spesso spezzata, ma non del tutto perduta. Dov’è l’uomo oggi? Forse nelle periferie delle città, dove la dignità è continuamente messa alla prova; forse nei deserti dell’anima, dove il silenzio diventa un grido di aiuto. Oppure, paradossalmente, l’uomo si ritrova proprio lì dove sembra essere più lontano da sé, nei luoghi del dolore, dell’ingiustizia e della perdita. La risposta, allora, non è da cercare nell’uomo perfetto, “performante” o senza difetti. La risposta, invece, emerge nell’uomo che, seppur fragile, ferito e vulnerato, è capace di rientrare in sé e riprendere contatto con la propria profondità. È proprio nella capacità di accettare la propria condizione imperfetta e umana che si trova la vera forza, quella che consente di rialzarsi, di amare e di ricominciare. In un’epoca segnata da polarizzazioni politiche, culturali e religiose, la proposta di film che nascono da prospettive lontane da quelle del cinema mainstream rappresenta una sfida coraggiosa, ma essenziale: è un invito a guardare l’altro non come un estraneo, ma come un compagno di viaggio. Il dialogo interreligioso e culturale, al cuore del festival, si riflette non solo nei temi trattati, ma anche nelle estetiche narrative e stilistiche delle opere. Ogni film diventa così una finestra aperta su un orizzonte nuovo, un’occasione per incontrare, ascoltare e conoscere mondi nuovi, un’occasione per superare barriere e pregiudizi.

Rappresentazione complessa dell’animo umano

Il cinema è una delle forme artistiche privilegiate per raccontare l’umano, e un festival come questo si pone l’obiettivo ambizioso di restituire complessità alla rappresentazione dell’uomo. In un mondo spesso dominato da narrazioni banalizzanti o stereotipate, il cinema può diventare uno spazio di resistenza e di riscatto, un laboratorio per immaginare un nuovo umanesimo. Un umanesimo che non si chiude su se stesso, ma che è inclusivo e aperto alla diversità. Un umanesimo che non ha paura di confrontarsi con le contraddizioni e le ferite della modernità, ma che sa anche celebrare la bellezza e la resilienza dell’animo umano.

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