08 Set 2018

Venezia. Un po’ delude il film ungherese “NAPSZÁLLTA” (Tramonto)

Girato da Laszlo Nemes, racconta la storia di una giovane modista che torna a Budapest dopo gli studi a Trieste. Un prodotto originale, ma con molti limiti

“Napszallta” (“Tramonto”), il film di Laszlo Nemes, racconta la storia di Irisz Leiter, una giovane modista che torna a Budapest dopo aver studiato a Trieste. Il suo sogno sarebbe quello di tornare a lavorare per la cappelleria dei genitori, defunti in un incendio che aveva distrutto anche il negozio, quando lei aveva solo due anni. Il signor Brill, nuovo proprietario della cappelleria, però, inizialmente non vuole assumerla in negozio.

Dopo aver scoperto di avere un fratello dal nome Kalman, che si nasconde in quanto reo di aver commesso un atroce delitto, Irisz comincerà a scavare nel passato per riscoprire le sue origini.

 

Commentare un film metaforico, come quello di Nemes, non è certamente un compito facile: molti sono i punti a sfavore, ma allo stesso tempo ci sono dei piacevoli accorgimenti che aiutano a seguire i 142 minuti di durata.

Partendo da quest’ultimi sicuramente non si può fare a meno di citare la cura per i costumi, un lavoro ben fatto e storicamente accurato. Un film storico che ha in sé alcune caratteristiche del film di costume, in particolare appunto l’attenzione ai costumi: la bellezza dei cappelli e degli abiti spicca notevolmente. Degna di nota si dimostra anche la fotografia, luci e ombre, create dagli schemi di luce e dai colori, proiettano lo spettatore all’interno della cupezza dello stato d’animo dei personaggi e del momento storico, nonché della storia che Nemes racconta.

 

Prima di passare ai lati negativi si vuole scrivere di una caratteristica quasi neutra, la regia. Se il film ha una durata di 142 minuti, si sbaglia di poco nell’affermare che per 140 sono occupati dalla protagonista, per lo più di spalle, e le sue camminate. Certamente è un accorgimento interessante, ma il fatto che siano intervallate da diversi tagli in fase di montaggio spezza continuamente il ritmo in modo non del tutto naturale. Probabilmente la scelta di non operare dei lunghi piani sequenza è stata fatta proprio per amplificare l’alone di cripticità legato alla cappelleria, ma ciò spezza il ritmo in modo innaturale non aiutando a seguire il film.

Anche la profondità di campo tende a nascondere la grande messinscena di Nemes, con centinaia di comparse, che invece meritava più spazio. A proposito di cripticità, sulla stessa linea sono i dialoghi, i quali lasciano lo spettatore fino alla fine del film con molte domande senza risposta, per un film che rimane troppo metaforico fino ai titoli di coda. Anche la recitazione non si può dire sia eccellente: la protagonista mantiene la stessa espressione per tutto il film.

 

L’intento del regista era quello di mostrare, attraverso il lusso e la sua ostentazione della cappelleria, come dietro ciò si celassero gli albori dei drammi della Prima Guerra Mondiale. Un messaggio che alla fine del film non rimane allo spettatore, lasciandolo sostanzialmente a mani vuote, alla ricerca di un senso quasi mai del tutto chiaro.

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Regia: László Nemes

Sceneggiatura: László Nemes, Clara Royer, Matthieu Taponier

Interpreti: Juli Jakab, Vlad Ivanov

Fotografia: Mátyás Erdély

Montaggio: Matthieu Taponier

Scenografia: László Rajk

Costumi: Györgyi Szakács

Musica: László Melis

Paesi: Ungheria, Francia

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