20 Ago 2015

Viaggiando tra le stelle: la speranza di non essere soli nell’universo

Dal viaggio di Samantha Cristoforetti alla scoperta del pianeta Kepler-452b, parente della nostra Terra. L'uomo non smette mai di sognare lo spazio e i mondi paralleli che altre forme di vita potrebbero abitare

Andare oltre le nuvole e ancora più su. Toccare con mano il cielo, perdersi tra le stelle, contemplare la Terra dall’alto, scoprendone fiumi, laghi, montagne e riconoscendone i mari e i confini. Diciamoci la verità, gli scatti dell’astronauta italiana Samantha Cristoforetti ci hanno fatto tornare bambini, quando molti di noi sognavano un giorno di giocare con le stelle, scoprire galassie, volare liberi nello spazio. Tramite Facebook, la prima donna italiana nello spazio ci ha raccontato emozioni, sensazioni, paure e scoperte di un viaggio davvero incredibile, in tempo reale, con la tecnologia che al giorno d’oggi ci ha permesso addirittura di collegarci con lei fino a sentirne la voce in diretta. Andare nello spazio, con la tutona e il corpo fluttuante nell’atmosfera è uno di quei sogni inarrivabili per più o meno tutti e non c’è da deprimersi. È anche bello che sia così, che il fascino di un viaggio tra i pianeti rimanga tale, che solo pochi, illuminati e brillanti ingegneri aerospaziali possano arrivare l’ dove l’essere umano tenta da millenni: oltre i propri limiti, al di là dell’immaginazione nell’infinito dell’universo.

“Vorrei vedere il mondo da lassù”, ci dicevamo da bambini.
“Vorrei scoprire nuovi mondi,” come se questo non ci bastasse più. La curiosità non è donna (Cristoforetti compresa), ma prettamente umana. Ed è soprattutto quella a spingerci verso l’ignoto. Siamo figli d’Ulisse, viaggiatore per eccellenza: all’eroe greco non bastarono neanche le colonne d’Ercole, limite massimo del mondo antico. Figli di Icaro, che nonostante gli avvertimenti del padre voleva volare in alto, sempre più in alto, verso quel sole che gli fu fatale. La curiosità ha spinto l’uomo da sempre a creare, scoprire, innovare il proprio mondo e le proprie abitudini. La curiosità ci ha portato nello spazio, fin da quel lontano 12 aprile 1961, con la missione Vostok1 capeggiata dal colonnello sovietico Yuri Gagarin, il primo essere umano tra le stelle.

L’ultima conquista porta la firma di Kepler, un super-telescopio lanciato nello spazio nel 2009, creato per scoprire nuovi pianeti grazie all’analisi della luce delle loro stelle madri. Questo sofisticato strumento ha scoperto negli ultimi tempi ben 11 pianeti che si trovano nelle zone abitabili delle loro stelle, quindi con una possibile vita. Tra questi, l’ormai celebre Kepler-452b, il “gemello”, “fratello” o “cugino” della Terra, a seconda dei titoli dei giornali, comunque un parente molto vicino alla nostra sfera. Del resto è il 1° pianeta di dimensioni simili al nostro, che si trova nella zona abitabile attorno ad una stella simile al sole (della stessa classe spettrale). Kepler-452b è grande circa 1.6 volte rispetto al nostro pianeta ed è più anziano (6 miliardi di anni), così come la stella su cui orbita è più luminosa della nostra, ma anche più vecchia. 1400 anni luce ci separano da un mondo parallelo, 430 parsecs dalla sua stella, nella costellazione del Cigno. Lì potremmo davvero trovare la vita, non sappiamo sotto quale forma.

Ma attenzione anche a facili voli pindaric
i: non è ancora chiaro se questa massa rocciosa sia dotata di atmosfera e nel caso in cui l’avesse, sarebbe ancora da scoprire il suo rapporto con la pressione, tutti aspetti fondamentali per la vita come noi la conosciamo. Inoltre grandezza ed età diversi del sole portano a radiazioni diverse, che potrebbero anche far soffrire Kepler dell’effetto serra “galoppante” o “autoalimentato”, un processo in grado di far evaporare tutta l’acqua esistente sulla superficie. La sua stella infatti è in espansione ed sempre più calda e brillante, con la conseguenza di radiazioni sempre più forti. Un fenomeno del genere sarebbe avvenuto ad esempio in tempi remoti su Venere, determinando la scomparsa di tutte le sue masse di acqua allo stato liquido. Studiare il fenomeno diventa fondamentale per determinare la cosiddetta “zona abitabile” di una stella, ovvero la distanza a cui devono trovarsi i pianeti per essere potenzialmente in grado di ospitare la vita (che ci si trovi nella zone abitabile significa infatti che le temperature sono possibili per l’esistenza di acqua liquida, ma non necessariamente che ci sia).

Kepler-452b ci ha affascinato e conquistato con la sua “vicinanza”
, ma non è il primo pianeta extrasolare che l’uomo conosce. Dal 1995 ad oggi, in vent’anni, ne sono stati trovati in totale 4696, di cui però solamente 1879 confermati. In 54 anni di storia invece sono ben 588 gli astronauti, provenienti da 38 Paesi differenti, che hanno preso parte a voli spaziali, con oltre 30 mila giorni totali in orbita. Gli italiani sono stati 7 e vale la pena elencarli uno ad uno: Maurizio Cheli, Samantha Cristoforetti, Umberto Guidoni, Franco Malerba, Paolo Nespoli, Luca Parmitano e Roberto Vittori. Ma quando un viaggio può definirsi spaziale? I criteri sono differenti a seconda delle culture dei Paesi coinvolti. Negli Usa ad esempio sei astronauta se superi un’altitudine di 50 miglia (circa 80 km), in Russia se compi una traiettoria orbitale (orbita geocentrica), ossia devi fare almeno un giro intorno alla Terra. Diversi punti di vista tra quelli che sono i pionieri dei viaggi tra le stelle. Del resto, qualche punto di divergenza, superata la guerra fredda tra Usa e Urss, doveva pur rimanere. Poco importa, dalla competizione tecnologica tra Nazioni, l’umanità in questo campo continua solo a trarre vantaggi, sognando nuovi mondi e forme di vita non troppo lontane da noi. Per sentirci meno soli e per far continuare il sogno dello spazio, vecchio come l’uomo, ma mai fuori moda.



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