Trenta giugno 2015: l’aereo su cui si trova Giorgia decolla, destinazione Kenya. Poche ore prima, in aereoporto, Giorgia abbraccia la sua famiglia, consapevole del fatto che avrebbe dovuto aspettare sei mesi prima di poter riabbracciare di nuovo i suoi genitori e la sua sorellina più piccola.
«Avevo molta paura», racconta la ragazza, «ma la voglia di aiutare i meno fortunati era più grande. Così presi un profondo respiro e salutai un’ultima volta la mia famiglia». Il viaggio era stato organizzato mesi prima da una cooperativa della città di Giorgia, l’obiettivo era quello di portare ai bambini del Kenya aiuti e supporti materiali. Non ci aveva pensato due volte prima di accettare, sapeva che sarebbe stata un’esperienza che le avrebbe cambiato la vita.
Durante le ore di volo, Giorgia non fa che pensare a come sarà la sua vita per i prossimi sei mesi. È consapevole del fatto che dovrà abbandonare tutte le comodità a cui è sempre stata abituata e che una volta arrivata a destinazione le sue giornate sarebbero state completamente diverse.
Dopo un lungo viaggio, Giorgia mette piede nel villaggio dove ad accoglierla ci sono tre bambini molto piccoli e curiosi. Le sorridono e la salutano timidamente con la mano. La prima che invece le rivolge la parola è una giovane donna con in braccio una bimba che dorme.
Fanno fare a Giorgia e al suo gruppo un giro del villaggio. «C’erano bambini ovunque, i più piccoli giocavano mentre quelli un po’ più grandi aiutavano con i lavori», ricorda Giorgia. «La cosa che più di tutti mi ha colpita sono stati i loro occhi, erano occhi seri, privi della spensieratezza che dovrebbe essere tipica dei bambini”.
Trascorrono le settimane e Giorgia svolge, fin dalle prime ore del mattino, le più svariate attività. Aiuta le donne a trasportare l’acqua dal fiume al villaggio, gioca con i bambini e insegna loro a leggere e a scrivere. Con il suo team fa visita all’ospedale più vicino e lì si rende conto di tutti i problemi che la povertà porta con sé. Vede ovunque bambini e ragazzi mal nutriti e con rare malattie che soffrono in silenzio.
Passano i sei mesi e Giorgia si ritrova nuovamente su un aereo, questa volta però la meta è casa. Lasciare il villaggio e tutte le persone che l’avevano accompagnata in questo viaggio è stato difficile. «Ho ancora le foto dei bambini che ho conosciuto sul mio comodino. E’ un’esperienza che segna, una volta tornata a casa mi sono accorta che qualcosa in me era cambiato».