Da spettatori estranei alla cinematografia americana degli anni ottanta e novanta Williams non è morto da eroe, come i tanti che ha interpretato. Anzi. Dalle prime indagini investigative il sospetto è che Williams la scorsa notte si sia suicidato, schiacciato psicologicamente da quella depressione che da tanti anni lo incatenava a se stesso. E recentemente fu lui stesso ad ammetterlo in un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera“, dove affermava: «Capita nella vita, e a me accade più spesso sullo schermo, di essere bravi insegnanti, ma di non saper scegliere per se stessi la strada giusta»
Eppure oggi il web, le tv, le radio, le testate internazionali lo celebrano come un “Super-Size Performer” che ha saputo ammaliare e fatto sognare coi suoi film intere generazioni di grandi e piccoli. La “fedina filmica” di questo attore sembra averlo messo al riparo dalla critica morale che puntualmente si scaglia contro le celebrità che piombano nei meandri della droga e dell’abuso di alcol. Tra i pochi casi in cui il «predicare bene» si sposa con il «razzolare male».
Evitando, però in questo momento, qualsiasi sentenza sulla sua indiscussa carriera cinematografica e sulla sua vita privata ci piace ricordare Williams con le parole dell’attore italiano che più lo ha conosciuto e studiato in questi anni: Carlo Valli, il suo più celebre doppiatore italiano.
Il sodalizio volto-voce tra Valli e Williams inizia nel 1987 con il doppiaggio di Good Morning, Vietnam che lo stesso Valli, in un’intervista del 2012, definisce «il film che mi ha fatto conoscere più come doppiatore». E continua per i grandi successi come Patch Adams, One Hour Photo, Will Hunting – Genio Ribelle, fino ad arrivare a interpretazioni recenti come The Butler- Un maggiordomo alla Casa Bianca del 2013. «Non ho mai avuto il piacere di conoscerlo di persona – dice Valli – anche se in occasione dell’uscita di Mrs. Doubtfire, lui venne in Italia e si complimentò col doppiatore italiano chiedendo chi fosse. Per me fu una grande sorpresa».
Poche ore fa Valli ha dichiarato al “Corriere“: «Ho appreso la notizia della sua morte stanotte, grazie ad un messaggio di un amico. Williams era uno dei più bravi perché sapeva emozionare il pubblico. Era vulcanico, sapeva passare da un genere all’altro: sapeva far ridere e poi piangere nel giro di pochi minuti, a volte nella stessa scena. Possedeva tutte le corde di un attore e le utilizzava tutte».
E ha aggiunto: «Mi mancherà perché è come se l’avessi conosciuto di persona. Dovendolo doppiare lo ascoltavo in originale e questo mi portava a conoscere benissimo la sua voce, la sua intonazione, il suo timbro. Mi mancheranno i film che avrebbe potuto fare e che avrei potuto doppiare». Anche se da oggi Robin Williams non c’è più nei suoi film rivivranno per anni tutti i suoi personaggi, le loro storie e la loro fama. Anche questa è la magia di Hollywood.